Scheda Gabriela Galardhon

burattinaia poeta

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    gabriela galardhon

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    Decades? Centuries?
    Time has no power over me.
    Even when you're gone,
    I will persevere.



    nome » Gabriela Galardhon.
    età » 371 anni (ne dimostra 20/25).
    provenienza » Bectas.
    sesso » F.
    razza » vampiro
    specialità » maga nera.

    aspetto fisico » Gabriela ha una figura magra e slanciata, è alta circa 1,75 cm. Ha lunghi capelli mossi viola/blu lunghi fino oltre al sedere, con ciuffi di capelli d'argento vicino al volto, eredità del vampiro che l'ha trasformata, e porta sul lato sinistro della testa dei fermagli bianchi e oro. Gli occhi azzurri hanno un taglio dolce, anche se l'espressione che assumano il più delle volte è ammaliante. Le labbra carnose formano un bel sorriso che incornicia i denti bianchi. Veste per lo più abiti attillati che sottolineano le sue forme sinuose, indulgendo particolarmente su seno e sedere. Ha sul fianco destro il simbolo della sua famiglia marchiato a fuoco.
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    Quando la situazione lo richiede, Gabriela può assumere la sua reale forma di vampiro. Nonostante rimanga una bellissima donna, i tratti del viso e i modi cambiano, rendendola spaventosa. Il volto è per lo più solcato da un ghigno feroce, le zanne sono molto più esposte e ben evidenziate in contrapposizione al rosso sangue delle labbra. Gli occhi, se possibile, diventano di un azzurro più intenso che quasi fagocita il nero della pupilla. Il marchio rosso della sua famiglia si evolve e si amplia, coprendole l'intero fianco destro e parte del viso attorno all'occhio destro. Se si guarda attentamente le varie parti del marchio sembreranno quasi pulsare e splendere di luce propria. La variazione più appariscente è rappresentata senz'altro dalla comparsa di due immense ali sulla sua schiena. Esse ricordano quelle dei pipistrelli e sono di color rosso spento, come il sangue rappreso. Pure la voce si modifica, diventando più bassa, quasi sospirata. In questa forma è più probabile che ricorra alla forza bruta che alla magia nera.


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    equipaggiamento » È plausibile vedere Gabriela senza la sua fedele spada ma è inverosimile che esca senza i suoi 7 fermagli per capelli. Essi infatti non sono semplici fermagli ma oggetti magici (regalo di Kielazar) che racchiudono l'essenza di Adriesta, la Signora del Flagello. Con l'elsa squisitamente lavorata e la lama che riflette il medesimo colore dei suoi capelli, Adriesta è una spada centenaria con una lunga storia alle spalle: forgiata a Bectas più di 600 anni fa il suo scopo era quello di essere brandita in difesa dei precetti della Dea della Luce. Ironico quindi che ad impugnarla sia proprio Gabriela ma Kielazar aveva un senso dell'umorismo un po' distorto. Ad ogni modo i fermagli servono per evocare la spada in qualunque momento senza che ci sia bisogno di utilizzare parole di comando. È come se, attraverso i fermagli, la spada e la vampira fossero mentalmente legate. Se Gabriela vuole tenere Adriesta a portata di mano è probabile, comunque, che la tenga assicurata alla vita protetta dal suo fodero adornato di fregi dorati.
    Di per sé la spada non ha poteri ma si sposa innaturalmente bene con la magia di Gabriela, la quale speso incanta Adriesta per renderla più letale.

    allineamento » malvagio neutrale
    aspetto psicologico » A differenza della Gabriela umana che era stata un tempo dolce, pudica e tranquilla, Gabriela vampira possedeva un carattere capriccioso. Non la si può definire puramente malvagia, anche se non agisce per il bene di nessuno se non di se stessa. Se sembra agire al fine di aiutare qualcuno si scoprirà poi che l'ha fatto unicamente per suo capriccio. Non disprezza assolutamente la sua natura, da alcuni definita immonda, perversa e maligna, ha anzi abbracciato la sua nuova vita trasformandosi e plasmandosi ogni giorno. Sa essere affascinante, complici il suo aspetto esteriore e il naturale fascino dei vampiri. Adora utilizzare il suo ipnotismo di sangue per ottenere gli intrattenimenti che desidera ma se le capitano soggetti particolarmente interessanti le piace scoprire fino a dove riesce a spingerli senza ricorrere a quell'espediente. Ha un suo codice comportamentale, che si potrebbe definire quasi legale, se non fosse che è per lo più votata all'egoismo. Ad esempio non si nutre di bambini o vecchi perché non potrebbero seguirla nella sua lussuria. Non uccide per nutrirsi perché trova sia uno spreco di energie quando può assumere piccole quantità di sangue per lungo tempo. Il sangue la esalta, la eccita, si può dire che la scaldi. Conosce, ad ogni modo, il sentimento del rispetto e sa essere una buona conversatrice. Ha modi eleganti ed educati, quanto meno in pubblico. Le piace essere sarcastica e difficilmente si arrabbia ma quando le capita perde i suoi modi pacati e si trasforma in un mostro spietato. Nasconde la sua natura di vampiro, coprendosi quando viaggia durante il giorno.

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    storia precedente all'arrivo al castle » Ultima di sette figli del sacerdote della Dea della Luce di un piccolo villaggio, Bectas, Gabriela era cresciuta con le sue due sorelle e i suoi quattro fratelli. Vista la sua istruzione religiosa, era cresciuta pudica e docile, per assecondare i voleri del padre, tanto fiero di quella figlia così a modo. Una sera arrivò al villaggio un distinto signore, con splendidi capelli d'argento e occhi passionali. Andò a fare visita al sacerdote, con la scusa di voler porre i suoi omaggi alla dea, e fu lì che Gabriela lo conobbe. Lo sguardo di lui sembrava leggerle dentro, così profondamente che la ragazza si sentì nuda dinnanzi a lui. Ciò la mise in profondo imbarazzo ma, non potendo spiegare al padre le sue sensazioni, non poté esimersi dall'accompagnare in una passeggiata lo straniero. Conobbe così lord Kielazar. Il padre della fanciulla aveva grandi piani per lei, deciso a farle sposare un buon partito, e spinse per la conoscenza tra i due. Gabriela si sentiva sempre a disagio con quel signore, ma il modo in cui lui parlava le fece abbassare sempre di più la guardia, fino a quando fu lei a sperare di incontrarlo e parlargli. Una sera come le altre Gabriela e Kielazar uscirono per una passeggiata. Senza sospettare nulla lei lo seguì anche quando lui le propose di andare nel bosco. Quando si furono inoltrati abbastanza da far cambiare il paesaggio, divenuto particolarmente scuro a causa del fitto fogliame degli alberi, l'uomo si fermò e la guardò con i suoi occhi passionali. Ancora una volta la pudica Gabriela arrossì sotto quello sguardo ma non si mosse.
    « Sei bellissima, Gabriela. È un peccato pensare che questo tuo splendido viso invecchierà fino ad abbruttirsi. »
    La sua voce era calda e avvolgeva come il velluto. La giovane non sapeva come interpretare una tale frase ma sorrise dolce quando lui le accarezzò i capelli.
    « Prima di allora, però, voglio farti provare qualcosa che mai hai sperimentato e che mai più sperimenterai allo stesso modo. È una cosa intensa ma stupenda. Sei pronta? »
    Gabriela lo guardò con aria interrogativa.
    « Ti fidi di me? » le domandò con quella sua voce a cui era impossibile dire di no. La ragazza annuì timidamente e lo guardò avvicinarsi piano al suo volto. Piena di dolci aspettative chiuse gli occhi ma le sue labbra non incornarono quelle di lui. Al posto di quel dolce contatto in cui sperava avvertì un dolore secco al collo. Aprì gli occhi di scatto. L'uomo la stava stringendo a sé mentre affondava i denti nelle sue carni. Gabriela provò a urlare ma non ne ebbe la forza. La sua coscienza cominciò a spegnersi fino a quando non le parve di vivere un sogno sfocato. Quando si ridestò non aveva memoria di quanto fosse accaduto ma furiose emozioni le attraversavano il corpo. La sua pelle era calda e sudata, sentiva una scossa elettrica che la percorreva. I capelli erano spettinati, il suo corpo era nudo e il bassoventre le doleva e le pulsava. Al suo fianco Kielazar la guardava lussurioso, senza abiti e bellissimo.
    « È stato più intenso di quello che mi aspettassi. Lo avevo capito fin da subito che eri perfetta ma non mi aspettavo fino a questo punto. »
    La sua voce era maliziosa e nel sentirla Gabriela rabbrividì di paura, disgusto e piacere.
    « Voglio vivere altri momenti come questi ma la tua piccola mente potrebbe non reggere e non ho intenzione di lasciarti impazzire. Ipnotizzare i pazzi è più difficile... »
    Le accarezzò una ciocca di capelli e lei cercò di allontanarsi, nonostante il suo corpo non reagisse come voleva.
    « Mi costringi a prendere una decisione dolorosa. Dolorosa per te, ovviamente, ma sono certo che ti ci abituerai, mia bella Gabriela... »
    La ragazza si alzò e con difficoltà cominciò a correre in direzione del villaggio. Il sottobosco e le radici le ferivano i piedi nudi ma lei non se ne curò, continuando a correre per cercare di allontanarsi da quel mostro. In lontananza vide finalmente la fine del bosco e corse ancora più velocemente, pregustando già la salvezza. A pochi metri dal traguardo, però, un'ombra calò su di lei, agguantandola spietatamente. Il suo urlo si spense mentre l'uomo affondava nuovamente i canini nelle sue carni. Questa volta però, invece del dolce oblio, giunse un dolore lancinante che le pervase le membra. Un fuoco inestinguibile la fece tremare, mentre tra le braccia di Kielazar la sua natura umana l'abbandonava.
    Venne trovata da alcuni boscaioli del villaggio il mattino seguente, ancora nuda e in preda a una forte febbre. Gli uomini la portarono a casa da suo padre dove venne accudita dalle sue sorelle. Il dolore non finiva mai, anzi, se possibile sembrava aumentare ogni attimo di più. Delirava e si dimenava sotto lo sguardo austero del padre. Dopo 3 giorni di disperazione finalmente il dolore cominciò a calare fino a cessare. Quando Gabriela aprì gli occhi si ritrovò nella sua camera da letto. Indossava una delle sue bianche vesti da notte. Al suo fianco vide l'austera figura del padre. Era troppo scombussolata per rendersi conto che l'uomo non le sorrideva come al suo solito. Incerta, si mese a sedere. La sua mente faticava ad analizzare ciò che le era capitato. D'impulso portò la mano al collo e rabbrividì nel sentire il segno che il morso aveva lasciato. Sentì di aver sete, come se non bevesse da settimane. Si mise una mano davanti alla bocca e al naso, come a reprimere un impulso profondo. Si concentrò sul padre e finalmente si rese conto del mutamento dell'uomo: il suo sguardo era di ghiaccio, se possibile crudele. Non c'era niente del padre premuroso che conosceva. Questi, senza dire una parola, si avvicinò alla porta, unico ingresso per la stanza, e con un movimento secco girò la chiave nella toppa, chiudendo fuori il mondo esterno. Sempre in silenzio si avvicinò al camino e presa un tizzone, di quelli che utilizzava per marchiare gli animali dei suoi possedimenti. Gabriela era certa che quell'affare non fosse mai stato nel camino della sua camera da letto. L'uomo si avvicinò alla figlia, lei lo guardò interrogativa, cercando di reprimere l'impulso di dissetarsi. Senza una parola il volto dell'uomo si deformò in una maschera di pura crudeltà e la colpì al fianco destro col tizzone, marchiandola con lo stemma di famiglia. Il fuoco non era paragonabile a quello che aveva avvertito in quegli ultimi tre giorni ma il dolore fu intenso e Gabriela urlò indietreggiando incredula. Come poteva farle questo? Qualcosa simile a un ringhio uscì dalla bocca di lei.
    « Non permetterò che la famiglia venga dissacrata da una come te! » ruggì l'uomo cercando di colpirla nuovamente ma questa volta la figlia riuscì a schivare il fendente con sorprendente, per Gabriela stessa, velocità. Si ritrovò quindi alle di lui spalle.
    « Giacere prima delle nozze! Sei una cagna! » e menò un nuovo fendente, schivato ancora una volta. Per questo suo padre era arrabbiato? Perché aveva giaciuto con un uomo prima delle nozze? Non si era preoccupato dei morsi, dello svenimento, non si era domandato se lei fosse consenziente? Fino a quel punto la fede lo accecava? La rabbia di Gabriela montò e si fuse con il dilaniante bisogno di penetrare coi denti le carni di quel collo pulsante.
    « Padre... » sibilò, cercando di mantenere una lucidità che le stava sfuggendo di mano. Il suo viso stava mutando, i suoi tratti si facevano più estremi e la bocca era piegata in un ghigno sadico.
    « Non osare chiamarmi "padre", sgualdrina! Sei il disonore di questa famiglia! Meriti solo di perire nel fuoco della Dea della Luce! »

    La vecchia Gabriela sarebbe stata incapace di muoversi per lo shock provocato da quella situazione e sarebbe stata colpita nuovamente dal tizzone. La nuova Gabriela, invece, fu più rapida dell'uomo e con un gesto fulmineo trapassò il torace del padre con un braccio. Il sangue cominciò a sgorgare a fiotti e la neo vampira quasi impazzì per quell'odore così inebriante. Agonizzante, la coscienza dell'uomo si spense pochi attimi dopo mentre la figlia banchettava col suo sangue. Non c'era pensiero in quei gesti, solo disperata sete che andava estinta. Il viso era coperto di sangue, la veste bianca e i capelli erano ormai zuppi e vermigli. Gabriela quasi non sentiva le grida delle sorelle al di là della porta che imploravano il padre di aprire, tanto era presa dal suo primo pasto.
    « Sei splendida. »
    La soave voce di un uomo la ridestò. Alzò gli occhi verso la fonte di quel suono, senza separarsi dal corpo del padre, e vide in piedi una persona che ben conosceva. Questi era seduto sulla finestra, come se fosse appena entrato da lì, nonostante la stanza della ragazza si trovasse al terzo piano. L'uomo si avvicinò a Gabriela e senza sforzo la separò dal cadavere del genitore. Lei non voleva ma si perse negli occhi di lui, come ipnotizzata. Si chinò ai piedi di Gabriela e baciò le carni bruciate della ragazza. Lei gemette dal dolore e lui, alzandosi in piedi di scatto, le afferrò il viso con le mani, macchiandole di sangue.
    « Oh, la tua voce, i tuoi gemiti. Credo che non me ne stancherò per un bel pezzo, mia cara Gabriela. »
    E la baciò con grande trasporto. Lei rispose con passione, in modo quasi animale. Fu allora che la porta venne sfondata e i fratelli della fanciulla fecero il loro ingresso con le spade sguainate. Guardarono con orrore prima il corpo straziato del padre e poi l'abbraccio lascivo dei due amanti.
    « Sembra che dovremo cercare altrove la nostra intimità... » disse Kielazar con scherno prima di prendere il corpo della ragazza tra le braccia e lanciarsi dalla finestra da cui era entrato. Sparirono nella notte oscura e nel villaggio nessuno rivide più Gabriela.

    Passarono molti decenni assieme, viaggiando di città in città. La lussuria di Kielazar non si fermava alla sola Gabriela ma anche altri uomini e donne ne venivano travolti. Lei però era speciale perché a nessun altro aveva fatto dono della vita eterna. Anzi, la invitava sempre a condividere con lui quella lussuria, portandola a modificare sempre di più il proprio essere. La ragazza pudica e timida era morta quel giorno nel bosco, al suo posto era nata una splendida vampira che adorava i divertimenti e gli inganni. Il suo carattere era mutato profondamente, portandola a desiderare anch'essa quella lussuria e a spingerla ad utilizzare le sue capacità di ipnosi di sangue per ottenerla.
    Dopo quasi 80 anni di viaggi, lussuria e divertimento, Kielazar le disse che era arrivato il momento di dividersi. Ormai lei aveva perso ogni aspetto della sua natura innocente di cui lui si era infatuato e sentiva il bisogno di cercare, letteralmente, carne nuova. Gabriela si stupì di non sentirsi particolarmente triste per quella decisione e, salutato il suo creatore e amante senza alcun odio, prese a viaggiare per la sua strada. Continuò a vivere come lui le aveva insegnato, senza curarsi di ciò che lasciava alle spalle. Non era inutilmente crudele, non uccideva mai le sue vittime, ma non si curava del loro stato psicologico dopo che le spingeva a condividere con lei la loro lussuria. Ad ogni modo continuò a girare e ad andare ovunque volesse.

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    Più di due secoli più tardi, passeggiando per i boschi delle terre del Verde Eco, il suo udito fine percepì subito i suoni tipici di una battaglia. Incuriosita, si avvicinò a un dirupo e guardò verso il basso. Sotto di lei, in una radura lasciata libera alla vista dagli alberi, vide un'elfa dai biondi capelli combattere creature informi. L'elfa si stava battendo bene, nonostante fosse soverchiata, e la vampira rimase affascinata dal coraggio della creatura della luce. Alla fine l'elfa aveva avuto la meglio e Gabriela stava per andarsene dopo aver assistito a quello spettacolo ma qualcosa di imprevisto accadde: l'elfa cadde al suolo con un tonfo sordo. Incuriosita, poiché non le era parso che fosse stata gravemente ferita, Gabriela si lanciò giù dalla rupe e, facendosi strada tra ciò che rimaneva dei corpi informi degli aggressori, raggiunse l'elfa. Era ancora viva e stava respirando a fatica. La vampira si chinò ed esaminò le lievi ferite sul delicato corpo della bionda. Di per sé le ferite non erano gravi ma dal colore che avevano preso era facile intuire che qualunque cosa l'avesse colpita era impregnata di veleno.
    « Il destino sa essere beffardo. Ce l'avevi fatta. » disse, senza aspettarsi alcuna risposta. A fatica l'elfa volse i suoi occhi blu verso il volto di Gabriela. La vampira si stupì nel leggerci determinazione e rammarico invece di paura. Dovette ammettere che quella creatura aveva molto coraggio nell'affrontare così la sua morte. Eppure era un tale spreco lasciarla morire così. Senza indugio afferrò un braccio dell'elfa e ci affondò i canini. Bevve una piccola quantità di sangue, quanto bastava per quantificare quanto veleno ormai le circolasse nelle vene. Troppo per poterla salvare.
    « Mi spiace per te, elfa, ma non ti posso salvare. Non ti lascerò morire da sola, comunque. Chiudi gli occhi e rilassati. Sarà più facile e meno doloroso. »
    L'elfa, invece, cercò di parlare ma solo pochi rantoli uscirono dalla sua gola. Ancora nessun segno di paura nei suoi occhi. Chissà qual era la sua storia. Gabriela si ritrovò a desiderare di conoscerla.
    « Ascoltami bene, elfa, questa è una proposta che non ho mai fatto. Il tuo destino è segnato, non posso impedirlo. Posso però percorrere due strade. La prima, posso trasmetterti il mio veleno e sperare che faccia effetto prima di quello che hai già in circolo. »
    A questa proposta, l'elfa negò con fatica.
    « Altrimenti posso assorbire completamente la tua essenza bevendo tutto il tuo sangue. In un modo poco ortodosso continueresti a vivere dentro di me. Potresti addirittura comunicare con me se sarai abbastanza forte da non perdere la tua identità. Devo avvertiti però che non l'ho mai fatto Decidi cosa vuoi. Questo o l'annichilimento? »
    Nonostante il respiro sempre più affannoso e irregolare lo sguardo attento dell'elfa non si attenuò neanche per un attimo. Parve prendersi il suo tempo per decidere, compiendo chissà quali ragionamenti, per poi tornare a fissare gli occhi della vampira. Con un cenno doloroso del volto l'elfa annuì, pronta ad affrontare quel destino che Gabriela le offriva. La vampira sorrise.
    « Molto bene. Mi auguro che tu ce la faccia a non svanire dentro di me. Sembri una creatura interessante. » E con queste parole alzò il busto leggero dell'elfa portando il suo collo all'altezza dei suoi canini. Con un movimento secco affondò i denti nelle sue carni e cominciò a succhiarne avidamente il sangue. Il corpo della bionda prima si tese, poi, man mano che Gabriela procedeva, si rilassò fino a rimanere un guscio vuoto ed esangue. Quando la vampira ebbe completato il suo banchetto si pulì il sangue dalle labbra lussuriose con una mano. Il sangue dell'elfa non era di per sé buono, tutt'altro, ma la sua essenza invece era dolcissima. Dopo una tale assimilazione di sangue seguì il suo impulso di soddisfare le proprie voglie e si incamminò verso il primo villaggio lasciando disteso sul campo di battaglia il corpo dell'elfa, non prima però di averle preso dalla cintola una ampolla che conteneva quelle che sembravano ceneri.

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    Svariati mesi dopo Gabriela si ritrovò a passare Espero, cittadina sotto il controllo di una vecchia signora, Lady Orin. Fu lì che incrociò un volto che le piacque molto. Era quello di un signore distinto, conosciuto come Lord Varquin. Tutti ne parlavano come di un gentiluomo devotissimo alla giovane moglie. La lussuria e il capriccio di Gabriela non si fecero attendere e una notte, usando l'inganno, riuscì a mordere l'umano e a succhiargli una piccola quantità di sangue, quel tanto che bastava perché la sua arte dell'ipnosi facesse effetto. Dopo la loro notte di estrema lussuria Gabriela gli permise da tornare dalla sua preoccupata moglie. L'uomo, confuso, non seppe come spiegare la sua assenza e Gabriela, da lontano, sorrise maligna nell'assistere a quella scena. Del resto, la sua ipnosi non poteva andare oltre a ciò che le creature sono naturalmente portate a fare. Aveva sicuramente spinto quell'umano a giacere con lei ma non era qualcosa lui che non avrebbe fatto volontariamente. Sempre più dispettosa, decise di fare la conoscenza con la famosa mogliettina una sera che questa era uscita da sola per una passeggiata. Quando la vide da sola in un vicolo non si lasciò sfuggire l'occasione. Si precipitò sulla sua giovane vittima e affondò i canini nella sua spalla. Il sangue che bevve la inebriò a tal punto che, impreparata a quella sensazione di purezza, la vampira fu costretta a lasciare la presa e a reggersi al muro, mentre la giovane crollava a terra priva di sensi. " È una fata! " si ritrovò a pensare esultante. La lussuria la pervase con una violenza quasi dolorosa. Prima, però, che potesse avventarsi nuovamente sulla fata qualcuno aveva imboccato quel vicolo e Gabriela, non senza grande fastidio, preferì allontanarsi. La bionda fu trovata e portata immediatamente a casa, dalla quale non uscì nelle successive due settimane. La vampira si trovò davanti a un dilemma. Il sangue di fata era così inebriante che se ne avesse assaggiato ancora avrebbe corso il rischio di diventarne dipendente. Voleva correre il rischio, vista la grande penuria di fate? Si prese il tempo per decidere, di tempo una vampira ne ha parecchio. Fu quando si era praticamente decisa a lasciar perdere per non rovinarsi futuri appetiti che un giovane di bell'aspetto, che le ricordò tantissimo la fata di cui si era nutrita, fece il suo ingresso in città. Il suo sguardo preoccupato la incuriosì immediatamente tanto che si ritrovò a seguirlo dall'ombra, senza mostrarsi. Il giovane entrò proprio nella residenza di lady Orin, dove viveva la fata. Non senza il rischio di essere vista si avvicinò a una delle vetrate del terzo piano al di là della quale si trovava un salottino, al cui interno stavano parlando il giovane e la fata. Ora che li vedeva da vicino avrebbe giurato di trovarsi dinnanzi a due gemelli. La fata saltò al collo del giovane e lo salutò con fraterno affetto.
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    « Kalen! È bellissimo che tu sia tornato! »
    Lui indugiò molto in quell'abbraccio, quasi timoroso di lasciarla andare.
    « Karin! Come stai? Va tutto bene? » chiese con voce che non nascondeva apprensione. La vampira se ne stupì e probabilmente pure la fata ne rimase sconcertata.
    « Certo che va tutto bene. Perché non dovrebbe? » chiese perplessa. Il giovane fece un lungo sospiro di sollievo, anche se l'apprensione non era completamente svanita dal suo volto.
    « Nulla, sorella. Nulla. Solo... No, niente. Volevo rivederti dopo tanto tempo. »
    Il giovane sorrise e la vampira capì di aver trovato il suo prossimo obbiettivo.
    « Sono così contenta che tu sia qui! Raccontami cosa hai fatto tutto questo tempo! » gli chiese la sorella entusiasta invitandolo a sedersi. Lui si accomodò di fianco a lei.
    « Ho girovagato per un po', affinando la mia arte della medicina. Non puoi immaginare quali curiosi rimedi ho appreso! » esclamò per poi perdersi in vari dettagli di poco interesse per la vampira ma non per la sorella che lo ascoltava attenta. « E alla fine sono giunto in un maniero. È imponente, quasi spaventoso, ma assolutamente accogliente. È governato da una nobile vampira, la regina Lilith. »
    A quel nome un urlo risuonò nella mente della vampira. La voce era dolce ma determinata e continuava a ripetere quel nome. Alcune immagini di un maniero e di una donna pallida con splendidi capelli rossi le riempirono lo sguardo .
    « Viene chiamata anche la Rosa Blu, mentre le sue consigliere sono chiamate la Rosa Nera e la Rosa bianca. »
    Altre immagini esplosero nella mente di Gabriela, prima il volto pallido di una giovane donna dai capelli corvini, poi un viso alla vampira era noto, ovvero quello dell'elfa bionda che aveva assimilato mesi prima.
    « Purtroppo al momento mancano entrambe. La regina mi ha accennato al fatto che sono partite alla ricerca di un essere che aveva minacciato il maniero. »
    Ancora una volta le immagini le tornarono alla memoria, la figura di un ragazzino minuto che all'elfa provocava rabbia e violenza. Dietro al ragazzino comparve un esercito di creature informi come quelle che l'avevano attaccata e avvelenata. Finalmente Gabriela stava cominciando a capirci qualcosa. L'elfa a quanto pare faceva parte di una corte ed era stata mandata in missione per trovare quel ragazzino ma, durante la ricerca, era incappata nei mostri ed era uscita sconfitta.
    Presa dai suoi pensieri aveva perso stralci della conversazione. Quando aveva nuovamente portato l'attenzione sui due interlocutori il loro discorso era praticamente concluso.
    « Hai intenzione di tornare al maniero? »
    « Sì, ma prima vorrei passare un po' di tempo con te, se ti va bene. »
    « Certo! Anche lord Varquin sarà contento di vederti! »

    Ed uscirono dalla stanza.

    Passò un mese prima che la fata chiamata Kalen decidesse di rimettersi in viaggio. Era stato ospite di Lady Orin ed era stato praticamente sempre in compagnia della sorella. Gabriela li aveva tenuti d'occhio tutto il tempo, affascinata da quel giovane dallo sguardo fiero e preoccupato. In lei nacque e si rafforzò ogni giorno di più il desiderio di possedere il suo spirito, di divorare il suo animo e di renderlo suo schiavo, almeno fino a quando non si fosse stancata di lui. Decise di seguirlo una volta che fosse ripartito alla volta del famoso maniero che ridestava i ricordi dell'elfa. Ancora non era riuscita a comunicare attivamente con la sua essenza ma essa le parlava attraverso immagini di suoi ricordi. Gabriela era incuriosita da quella creatura eterea dai capelli rossi per cui l'elfa pareva provare sincero affetto. Rimase quindi nell'ombra quell'intero mese e quando la fata riprese, riluttante, il suo cammino lei lo seguì a distanza, con discrezione, alla volta di quel fantomatico maniero.


    Edited by VampirePrincess - 25/11/2016, 13:31
     
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